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La storia…

Lo snodarsi delle vicende umane analizzato attraverso la ragione

«La storia – affermò in un’intervista lo storico contemporaneo Jacque Le Goff – è una riflessione e un’interpretazione. È la disciplina che ci permette di capire e spiegare ciò che abbiamo ereditato e il modo in cui le società passate si sono trasformate nel corso del tempo, fino ad arrivare al mondo contemporaneo in cui viviamo. La storia ci permette di afferrare la profonda differenza tra noi e quelli che ci hanno preceduto nel tempo, e allo stesso tempo ci aiuta ad appropriarci del nostro mondo, mostrandoci la familiarità della nostra eredità». Proprio questo tentativo di capire, di spiegare, di afferrare, di appropriarsi – nel suo titanico sforzo di andare oltre la superficie del mondo di oggi, per mostrarcene la profondità e la consistenza attraverso il mondo di ieri – assume i tratti di una scienza: e dunque di un sapere mosso dall’intento di individuare nello svolgimento caotico della millenaria vicenda umana una sorta di fil rouge capace di dare al tutto un ordine che ne faccia emergere un tratto in qualche modo “razionale”.  razionalità di fondo.

Pur con la dovuta prudenza, si può dunque affermare che il modo contemporaneo di fare storia si radichi in ultimo nella definizione di essa data da Denis Diderot nell’Encyclopédie: «La storia, come la definiscono comunemente, è il racconto dei fatti che sono accaduti tra gli uomini. Tuttavia, essa non si limita semplicemente a raccontare questi fatti; essa cerca di spiegarli, di farci conoscere le cause che li hanno prodotti, e di mostrarci le conseguenze che ne sono derivate. Per essere utile, la storia deve insegnarci a giudicare il presente dal passato, e a prevedere l’avvenire per induzione dal presente. Senza la storia, non avremmo alcuna idea della sequenza delle cose nel tempo e nello spazio; saremmo privi di quella sorta di filosofia sperimentale che ci guida nelle nostre azioni e ci illumina nei nostri giudizi». La storia dovrà dunque saper andare oltre i meri “fatti”, per fornire invece una spiegazione sia delle loro cause sia dei loro sviluppi successivi.

Ancora oggi circola l’idea – lontana e irriducibile eco della retorica di Cicerone – che la “storia” abbia come «padre» Erodoto, giustamente definito dalla Enciclopedia Treccani come «storico greco originario di Alicarnasso». Che tuttavia il concetto di storia di Erodoto, vissuto nel V secolo avanti Cristo, fosse assai lontano da quello divenuto in voga a partire dall’illuminismo appare evidente dalle parole stesse poste dall’autore delle Storie all’inizio di esse: «Erodoto di Alicarnasso presenta qui i risultati della sua ricerca, affinché le azioni degli uomini non siano dimenticate col passare del tempo, e le grandi e meravigliose imprese, compiute tanto dai Greci quanto dai barbari, non restino senza gloria; e con ciò spiega anche la causa delle loro contese». Parole volte a promuovere un’idea di storia che, pur avendo un effettivo intento esplicativo di quanto avvenuto nel passato, integra quest’ultimo con l’esigenza primaria della celebrazione delle «grandi e meravigliose imprese, compiute tanto dai Greci quanto dai barbari», nella speranza di evitarne proprio attraverso questa narrazione enfatizzata l’oblio cui altrimenti sarebbero destinate.

All’approccio celebrativo di Erodoto alla storia viene spesso contrapposto quello di Tucidide, anche lui vissuto nel V e considerato una sorta di anticipatore della concezione moderna di storia. La sua Guerra del Peloponneso appare infatti connotata da tratti effettivamente differenti dal metodo di Erodoto: il suo stile più sobrio e asciutto, il tentativo da lui sviluppato di connettere i fatti istituendo tra loro un rapporto di causa/effetto, l’esclusione della dimensione del trascendente dal dipanarsi della storia e la presa di distanza da quel “meraviglioso” che rende affascinante la prosa di Erodoto evidenziano l’assunzione di una prospettiva che sicuramente lo differenzia da quest’ultimo. Assumere tuttavia questa sua effettiva peculiarità come elemento in grado di fare di Tucidide l’antesignano del concetto moderno di storia rischia di risultare un clamoroso fraintendimento, basato più su una proiezione anacronistica che su un reale dato di fatto.

L’effettivo cambio paradigma a questo riguardo si registra nel corso della modernità e può essere ancorato in ultimo alla definizione di storia data da Denis Diderot nell’Encyclopédie: «La storia, come la definiscono comunemente, è il racconto dei fatti che sono accaduti tra gli uomini. Tuttavia, essa non si limita semplicemente a raccontare questi fatti; essa cerca di spiegarli, di farci conoscere le cause che li hanno prodotti, e di mostrarci le conseguenze che ne sono derivate. Per essere utile, la storia deve insegnarci a giudicare il presente dal passato, e a prevedere l’avvenire per induzione dal presente. Senza la storia, non avremmo alcuna idea della sequenza delle cose nel tempo e nello spazio; saremmo privi di quella sorta di filosofia sperimentale che ci guida nelle nostre azioni e ci illumina nei nostri giudizi». La storia dovrà dunque saper andare oltre i meri “fatti”, per fornire invece una spiegazione sia delle loro cause sia dei loro sviluppi successivi.

E sarà in questa prospettiva che la storia, ormai divenuta una rigorosa disciplina scientifica, imboccherà una strada che la indurrà ad abbandonare, come un’inutile se non dannosa zavorra, tutto quello che della storia stessa si configura a questo punto come un orpello. Liberarsi dalle tradizioni mitologiche, sottrarsi alle superstizioni religiose, smascherare le invenzioni favolistiche diverrà dunque per la storia – sulla falsariga di un illuminismo che troverà a questo riguardo in Voltaire il suo più severo e inflessibile propugnatore – un autentico imperativo categorico. Da quel momento in poi affrontare la storia significa assumere nei confronti del succedersi passato degli eventi umani e delle implicazioni antropologiche ad essi connesse assumere un atteggiamento rigorosamente “illuminato” dalla ragione, che si impone così come il criterio esclusivo per stabilire se e come essi siano avvenuti, non senza inferirne cause e conseguenze secondo una logica rigorosa farne affiorare, ovviamente solo laddove sono essi nella loro effettività a permetterlo, le reali connessioni.

Piergiuseppe Bernardi – © raccontamiancora.it