La mela di Eva e l’inizio della storia
L’implicazione positiva di un morso avventato
Kurt Flasch, Eva e Adamo. Metamorfosi di un mito, Il Mulino, Bologna 2007
In un momento della storia dell’Occidente in cui l’eclissarsi del sacro sembra divenire di giorno in giorno più palpabile, anche il mondo di significati che dal sacro aveva tratto origine pare venire via via dissolvendosi e perdendo la propria antica forza. E ad essere implicata in questo graduale ritrarsi della complessità del sacro non è soltanto la dimensione della religione, bensì anche quella assai più ampia dell’immaginario che, in millenni di storia, la tradizione giudaico-cristiana ha finito col produrre sul piano sociale, culturale ed artistico della vita dell’Occidente stesso. In questo senso dunque non risulterà troppo strano il fatto che comincino ad apparire pubblicazioni volte a chiarire criticamente aspetti della religione che in passato appartenevano al patrimonio collettivo della nostra società e che oggi sembrano invece sempre più destinati non solo a perdere quella carica simbolica che per secoli li ha contraddistinti, ma addirittura a smaterializzarsi essi stessi.
Tra i miti nati all’interno della tradizione ebraica e consolidatisi in ambito cristiano in una forma che ha saputo sedurre irresistibilmente la riflessione e l’arte dell’Occidente, un ruolo chiave è certamente ascrivibile alle figure di Adamo e Eva, il cui profilo biblico quasi stilizzato è divenuto oggetto nel corso della vicenda culturale del nostro continente di declinazioni e approfondimenti tanto innumerevoli e variegati da consentire loro di trasformarsi in quello che è stato lucidamente definito come lo stesso «mito centrale della cultura dell’Occidente». Non potrebbe infatti essere pensato altrimenti un racconto che non solo ha saputo consolidarsi fino a diventare «uno dei motivi più possenti sia per le arti figurative che per il pensiero delle tre religioni mediterranee», ma anche continua a resistere con forza proprio a quel dissolvimento dell’immaginario radicato nel sacro che la nostra epoca sembra destinata a subire.
Proprio alle figure nelle quali la tradizione giudaico-cristiana individua i progenitori stessi dell’umanità è dedicato un brillante saggio di K. Flasch il cui riuscito obiettivo è quello di mettere a fuoco il ruolo chiave giocato da queste stesse figure nel contesto culturale ed artistico dell’Occidente. Certo l’intento dichiarato dell’Autore è quello di volersi muovere esclusivamente sul piano della ricerca filologica, illustrata attraverso il riferimento costante all’arte figurativa che questi due emblematici personaggi hanno saputo alimentare. E tuttavia questo suo ancorarsi rigoroso alla filologia, peraltro accompagnato da un’esplicita volontà di non voler entrare nelle questioni teologiche inerenti il soggetto stesso preso in esame, non fa che rimarcare come lo sviluppo del pensiero e dell’immagine in Occidente abbia trovato uno dei più decisivi elementi propulsivi proprio nel cristianesimo e nella riflessione teologica da esso elaborata nel corso dei secoli.
Sarà dunque sulla continua ripresa di queste figure da parte della riflessione e dell’arte figurativa occidentali, inscindibilmente radicate in una narrazione originaria la cui successiva e multiforme interpretazione sottopone il mito stesso ad una progressiva metamorfosi, che verrà sviluppandosi l’esplorazione del ruolo centrale assunto da Adamo e Eva nella vicenda culturale di cui siamo irriducibilmente figli: l’esame attento e non di rado divertente dei racconti biblici relativi a quelli che diverranno in Occidente i paradigmi culturali e sociali dell’uomo e della donna, lo schizzo della ripresa interpretativa fatta dai Padri della Chiesa con l’obiettivo di sviscerare un testo biblico così ricco di implicazioni antropologiche e teologiche, la ripresa delle narrazioni affabulatorie e letterarie che lungo l’intero corso della vicenda culturale dell’Occidente rimandano a questa narrazione, e soprattutto la messa a fuoco delle dottrine (creazione, paradiso, peccato…) che dei progenitori dell’umanità e delle loro vicende sono espressione, divengono così le varie tappe di un suggestivo viaggio attraverso un mito che ha saputo propagarsi ben al di là dell’ambito limitatamente religioso da cui era affiorato e a cui era destinato.
Ed è proprio in questo excursus che viene lentamente emergendo la ragione della curiosa inversione che, nel titolo del suo volume, Flasch attribuisce ai nomi dei due progenitori: non tradizionalmente Adamo e Eva, bensì Eva e Adamo. L’Autore rivendica infatti per Eva un ruolo ben più centrale nella storia dell’umanità di quello avuto dal suo compagno. L’apologia di quest’ultimo sviluppata sia dai Padri della Chiesa che dai grandi teologi cristiani medievali, nel suo trovare attenuanti per il peccato di Adamo e nel rimarcare invece come il peccato originale abbia avuto per effettiva protagonista Eva, non fa del resto che confermare la decisività delle scelte operate da Eva stessa. La condizione autenticamente umana, connotata dal tempo e opposta alla condizione di eternità vissuta invece dai progenitori nell’Eden, nasce infatti per una decisione non dell’uomo, ma della donna: «Il tempo comincia infatti solo con il morso dato alla mela da Eva».
Piergiuseppe Bernardi – ©raccontamiancora.it